69 - Attrito linguistico e code-switching: Cosa sono e come usarli per il tuo italiano
Puoi seguire il podcast qui sotto. Solo ti avviso che alcune parole o frasi potrebbero essere leggermente diverse.
Entriamo ora nel vivo di questo episodio molto linguistico. Voglio parlarti, infatti, di due fenomeni linguistici molto comuni, ma forse poco conosciuti: l’attrito linguistico e il code-switching (e uso l’inglese non a caso). Vedremo cosa sono e come possono aiutare il tuo italiano a crescere e migliorare.
Iniziamo da quello meno conosciuto: l’attrito linguistico.
Attrito in italiano significa diverse cose, dal punto di vista della fisica può essere la forza che va ad ostacolare un movimento, può anche essere usato in senso figurato per indicare difficoltà o conflitti nelle interazioni umane e tecnologiche, ma può anche essere usato il consumo o il logoramento. In questo contesto il termine si riferisce all’usura o al deterioramento causata dal contatto ripetuto o dall’uso prolungato di qualcosa. Tieni bene a mente questo significato di attrito perchè adesso ti racconto una storia per farti capire di cosa stiamo parlando. Quindi ti racconto la storia prima di darti una definizione.
Allora, nel podcast su Maria Montessori ho fatto un errore a un certo punto, non so se l’hai notato, perché, mentre registravo in modo naturale e spontaneo, ho detto che “Maria Montessori visitava suo figlio regolarmente per giocare con lui”. Hai trovato l’errore? Fammelo sapere con un bel commento in fondo a questo articolo!
L’errore sta nell’uso e nel significato del verbo “visitare”. In questa frase infatti significherebbe “fare una visita medica a qualcuno”, come dire “il medico visita i pazienti”, cioè se dico “Maria Montessori visitava suo figlio regolarmente per giocare con lui” significa che Maria Montessori andava a fare una visita medica a suo figlio. Invece quello che volevo dire io era “Maria faceva visita al figlio regolarmente”, oppure “Maria andava a trovare il figlio regolarmente”. Avrei quindi dovuto usare le espressioni “fare visita/far visita a qualcuno” oppure “andare a trovare qualcuno” e non il verbo “visitare” come ho fatto io.
E allora perchè non l’ho fatto? Come ho potuto io, madrelingua e insegnante di lingua italiana, fare questo errore così becero?!
La risposta ci arriva proprio dal fenomeno dell’attrito linguistico, fenomeno per cui una persona perde gradualmente la competenza in una lingua che era solita padroneggiare, cioè usare in modo eccellente e competente, senza problemi; questo spesso accade a causa della mancanza di utilizzo regolare di quella lingua o di input limitato, ad esempio, quando si vive in un Paese con una lingua diversa dalla tua lingua madre.
Ora, io non voglio dire che sto perdendo il mio italiano, ci mancherebbe altro! Lo parlo e lo studio regolarmente, e cerco di stare sempre molto attenta a come uso l’italiano, però, visto che vivo in un Paese anglofono da più di 5 anni, prima la Scozia e ora la Nuova Zelanda, e parlo inglese regolarmente, quotidianamente, a un livello avanzato, questo inevitabilmente va a influenzare il mio italiano dal punto di vista lessicale, come nell’esempio che ho appena fatto. Infatti, il verbo “visitare” in inglese viene usato nella stessa struttura che io ho erroneamente usato in italiano. In inglese, infatti, si dice “Maria used to visit her son regularly/on a daily basis” per dire che lo andava a trovare o gli faceva visita. Quindi io ho usato una espressione inglese nella lingua italiana, quindi l’attrito linguistico è l’influenza della seconda lingua sulla prima lingua che porta, ovviamente all’estremo, alla perdita quasi o completamente della prima lingua.
L’attrito linguistico può interessare tutte le competenze linguistiche, inclusi il lessico, la grammatica, la pronuncia e la comprensione. E, come dicevo, può verificarsi quando una persona si trasferisce in un ambiente in cui la lingua madre non viene più parlata quotidianamente, privilegiando una lingua diversa, o quando un bilingue o poliglotta usa una lingua secondaria molto più frequentemente della lingua principale. Può manifestarsi in adulti e bambini, insomma a chiunque, e il ritmo con cui si verifica varia a seconda dell'età, della motivazione e delle circostanze individuali. Quindi è proprio una cosa soggettiva e, proprio per questo, molto difficile da studiare.
Se penso ad alcuni miei amici che vivono qui in Nuova Zelanda da più di 10 anni, mi vengono in mente altri esempi di attrito linguistico. Ad esempio, alcuni di loro dicono “fa senso” al posto di dire “ha senso” quando vogliono dire che capiscono il motivo per cui una persona dice o fa qualcosa, perché traducono dall’inglese “it makes sense”. Questo non è solo un errore grammaticale, ma anche un errore di significato, perché “fa senso” in italiano significa che qualcosa ti fa impressione; ad esempio, “Vedere il sangue mi fa senso”. Per cui il rischio, in questo caso, è anche quello di incomprensione. Io gliel’ho fatto notare più volte però è comunque difficile per loro auto-correggersi perché non ci pensano o magari non gli interessa oppure semplicemente questa espressione inglese è talmente radicata in loro che la traducono letteralmente.
Ho anche conosciuto italiani che sono qui in Nuova Zelanda da 25 anni e che parlano italiano con accento inglese o in modo poco fluente, perché hanno avuto poco contatto con persone italiane, e quindi sono stati esposti talmente poco alla lingua italiana che hanno perso la padronanza della loro lingua madre.
Quindi voi capite come sia importante anche per una persona che sta studiando la lingua italiana rimanere in contatto costante con la lingua italiana perché se un madrelingua può perdere la propria madrelingua, figuratevi una persona che ha imparato una seconda lingua. Questo è un motivo per cui, insomma, io consiglio sempre di immergersi nella lingua italiana, cercando di ascoltarla o leggerla tutti i giorni, di parlare da soli e di scrivere, proprio per non perdere la connessione con la lingua.
Due lingue a contatto si influenzano vicendevolmente. È un fenomeno normale che accompagna l’apprendimento di una seconda lingua per cui un periodo anche breve di esposizione ad una L2 è sufficiente per causare fenomeni di interferenza lessicale, e, immagino che lo stia sperimentando anche tu da studiante della lingua italiana.
La differenza la fa la consapevolezza. Essere consapevoli di come la tua L1 influenzi la tua L2 e di come la L2 influenzi la L1 e la L3, se ne hai una; questa consapevolezza, è fondamentale nel processo di apprendimento e mantenimento linguistico perché nel momento in cui ci accorgiamo dell’errore, lo possiamo correggere. Lo possiamo correggere sia immediatamente, ripetendo la frase in un modo più corretto, sia prendendo un appunto mentale, mi piace immaginare come un cassettino nel tuo cervello dove metti quella nota linguistica da ricordare.
Per questo motivo io consiglio sempre ai miei studenti di registrare commenti e pensieri in italiano, anche proprio con le note vocali del telefono, e poi riascoltarsi per notare quegli errori che altrimenti ci sfuggirebbero, oppure chiedere a qualcuno un insegnante oppure a un amico madrelingua di ascoltare per farsi aiutare a capire dove sono quegli errori.
Le lingue si mescolano, è normale. Soprattutto quando vivi in un Paese dove non si parla la tua lingua madre o se impari un’altra lingua a livello avanzato. Come dice Julian, un mio studente nel gruppo Telegram, il cervello è spaccato a metà (o in tre o in quattro) - un po’ come il cuore aggiungo io. Ed è normale che le lingue si mescolino, anche perché a volte una lingua ci è più utile a dire certe cose, fa più effetto o è più diretta e succede anche di mischiare due lingue nella stessa frase.
L’importante è farlo con consapevolezza e persone che condividono i tuoi stessi codici. Mi spiego: posso mischiare italiano e inglese con il mio fidanzato, che parla benissimo inglese, ma non lo posso fare con i miei genitori che non parlano inglese. Con loro devo stare attenta e concentrarmi a ripescare le parole italiane che spesso sostituisco con l’inglese e parlare italiano in modo preciso e corretto; ad esempio, mi piace molto usare, “actually” in inglese e lo mischio spesso, lo uso spesso quando parlo italiano, però in italiano questo è “in realtà”, quindi quando parlo con i miei genitori mi sforzo a dire ”in realtà”.
Quello che ho appena descritto è il nostro secondo fenomeno linguistico perché in questo caso parliamo di code switching o, in italiano, commutazione di codice, e non di attrito linguistico. Quindi faccio un mini riassunto su cos’è l’attrito linguistico per poi paragonarlo alla comunicazione di codice, al code switching.
L’attrito linguistico fa sì che le strutture della tua lingua madre siano influenzate dalla tua seconda lingua, per cui tu parli nella tua lingua madre ma usi strutture della seconda lingua. Com’è successo a me, che ho usato il verbo “visitare” con la struttura inglese o come quando i miei amici dicono “spendere tempo” al posto di impiegare del tempo o passare il tempo.
Invece, il code-switching è il passaggio da una lingua a un’altra all’interno del discorso di uno stesso parlante, e spesso questo viene fatto con una funzionalità comunicativa ben precisa, cioè io scelgo di usare un altro codice per dare enfasi, per fare un commento incisivo, per lamentarmi o fare una battuta. Questo non avviene solo con le lingue straniere, ma anche con i dialetti, cioè tra italiano e dialetto. Questa è una scelta linguistica del parlante: io scelgo di usare determinate espressioni in un’altra lingua.
Come il code switching può servire al tuo italiano? Potresti, ad esempio, scegliere delle espressioni che ti piacciono e usarle per esprimere gioia, sorpresa, frustrazione, attaccando delle emozioni che ti aiutano a usarle nel modo corretto.
Penso a parole come “addirittura” e “comunque” che abbiamo visto in un altro episodio, oppure “dai su!” o “andiamo” per incitare qualcuno o “boh non lo so”.
Ti vengono in mente altri esempi? Condivili con me alla fine dell’episodio!
Questi fenomeni sono entrambi sintomi di bilinguismo e sono assolutamente normali. Come dicevo, l’importante è essere un parlante consapevole, attento e autocritico, pronto ad auto correggersi per mantenere la padronanza della propria madrelingua e diventare sempre più fluente in un’altra lingua.
Il fine ultimo è sapersi esprimere liberamente e serenamente e, perché no, giocare con le lingue che conosciamo se ci troviamo a parlare con altri che condividono i nostri stessi codici!
Ora sono curiosa:
Le tue lingue si mescolano quando parli o nel tuo cervello?
Riesci a farle danzare insieme un valzer diciamo armonioso?
Ti diverti a cambiare codice?
Riesci ad auto correggerti?
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